domenica, febbraio 20, 2005

Mortalita' infantile nella XHED

Mortalita' infantile nella XHED
(Angus Clarke, Genetista Clinico)

Ci sono stati pochi studi sulla tima del rischio di morte assiciato alla XHED perche' e' difficile ottenere informazioni obiettive. I migliori dati che io conosca sono ancora quelli del mio studio pubblicato 18 anni fa, sebbene possano esserci informazioni che mi sono sfuggite. Quando pubblicai la mia relazione sulle caratteristiche cliniche della XHED nel 1957, mi basai sui racconti delle famiglie da me intervistate, normalmente madri o sorelle dei ragazzi che erano morti. Avevo escluso i maschi attraverso i quali avevo preso contatto con ogni famiglia, in quanto questo avrebbe potuto inquinare i dati. Ma avevo in ogni caso tenuto conto di tutti gli altri maschi della famiglia interessati dalla condizione.Alcuni dei ragazzi che erano morti, erano nati alcuni decenni prima, risalendo fino agli anni '40, ma non sembrava che ci fossero stati grandi cambiamenti nel rischio di mortalita' infantile nel corso degli anni. Ovviamento ci possono essere stati notevoli miglioramenti dalla meta' degli anni '80, ma non ho informazioni in merito. La faccenda meriterebbe uno studio approfondito.
La mia conclusione era stata che entro i primi 3 anni morivano circa 12 ragazzi su 43 (28%). Nove di questi decessi avvenivano nel primo anno (21%). Questi dati erano stati stimati con estrema cautela, escludendo i decessi di bambini che erano affetti (da XHED) ma per i quali poteva sussistere qualche dubbio. Inserendo anche alcune di queste morti addizionali la mortalita' nei primi anni di vita sarebbe stata di uno su tre. Fra i figli affetti da XHED, il rischio di morte era maggiore per il primo figlio, minore per i figli successivi degli stessi genitori. Il che indica che forse il fatto di individare in anticipo la condizione XHED migliora le prospettive di vita dei bambini interessati. Nei passati 20 anni c'e' stato un sostanziale miglioramento delle strutture di terapia intensiva pediatrica, e questo mi lascia sperare che l'attuale tasso di mortalita' legato alla XHED sia molto inferiore rispetto agli studi passati.
Come mai muoiono alcuni bambini affetti da XHED? Penso che le ragioni principali siano tre. Primo, il rischio di grave surriscaldamento in acqua calda, in locali molto riscaldati, comprese le unita' di terapia intensiva, e nella risposta alle malattie infettive. I bambini diventano meno vulnerabili con il passare del tempo, perche' imparano a dire quando si sentono troppo caldi. Secondo, c'e' un rischio aumentato di infezioni perche' la XHED indebolisce le difese fisiche del corpo, specialmente la carenza di muco nelle vie respiratorie e intestinali. Il che permette ai batteri di stabilirsi piu' facilmente nei polmoni o di superare le barriere intestinali. Terzo, molti ragazzi affetti da XHED soffrono di deficit della crescita per i primi uno o due anni di vita, a causa di problemi alimentari, riflussi dell'esofago e scarso guadagno di peso. Questo comporta una diminuita resistenza alle infezioni. Il tutto fino a quando il deficit della crescita si risolve senza ragione apparente.
Un possibile motivo addizionale che contribuisce ai decessi e che ci sono alcuni ragazzi, molto pochi, che hanno un aspetto fisico similare, ma dovuto alle mutazioni di un altro gene del cromosoma X, il NEMO. Questi ragazzi, oltre alle normali caratteristiche dellaa ED, hanno anche un forte deficit del sistema immunitario. Ma occorre sottolineare che si tratta di un problema estremamente raro, molto piu' raro della XHED.
Che fare rispetto a questi problemi? Le famiglie che sanno di avere problemi XHED devono controllare che le ragazze, che possono essere portatrici, siano coscienti della situazione. In modo che al momento della gestazione e del parto possano avvertire l'ostetrica ed il dottore. Ogni bambino nato da una donna portatrice dovrebbe essere controllato attentamente affinche' sia chiaro se e' affetto o meno dalla XHED. Test genetici possono essere eseguiti alla nascita se e' gia' conosciuta la mutazione della famiglia. Se di un bambino e' conosciuta la condizione XHED, deve essere usata la massima cura per evitare il surriscaldamento, per evitare vestiti troppo caldi. Va posta una cura particolare se il bimbo deve essere ospedalizzato. Se deve essere nutrito con il biberon, il latte dovra' essere freddo o appena tiepido, non scaldato come per gli altri bambini. Se dovesse scaldarsi troppo, andra' raffreddato mediante spugnature con acqua tiepida e bevande fredde da bere. Se dovesse avere frebber per via di una infezione gli si puo' dare il paracetamolo per via orale.
C'e' ancora molto da capire a proposito del controllo della temperatura per chi e' affetto da XHED, e spero che nei prossimi anni potremo dedicarci ad uno studio approfondito della questione.

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L'articolo è stato prelevato dal numero 1 di Lines ED, gennaio 2005.Lines ED è il periodico della Ectodermal Dysplasia Society inglese.
Traduzione di Salvatore Randazzo

venerdì, febbraio 18, 2005

Una cura per i topi affetti da XHED

UNA CURA PER I TOPI AFFETTI DA X-linked Displasia Ectodermica Hipoidrotica (XHED)
(Angus Clarke, Genetista Clinico)


Ho studiato la XHED per circa 20 anni. ALl'inizio, semplicemente a causa di come la malattia viene ereditata, noi sapevamo che che il gene coinvolto doveva risiedere da qualche parte nel cromosoma X - e che le mutazioni di questo potevano causare la XHED.
Ho visto la nostra conoscenza collettiva avanzare da una ispirazione iniziale riguardo a dove potesse risiedere il gene nel cromosoma X, attraverso l'isolamento del gene nel 1990, fino alla comprensione della codifica della proteina da parte del gene e come interagisce con la proteina prodotta da un altro gene (nel cromosoma umano 2) nel quale eventuali mutazioni possono anche causare la (non sex-linked) HED.
Non mi aspettavo di vedere una cura per la condizione ED. Il gene deve funzionare nelle fasi iniziali dello sviluppo, parecchio prima della nascita, perche' si possano formare correttamente le ghiandole sudoripare e le altre strutture ectodermiche. E cosi' ero del tutto impreparato al rapporto del 2003, dove si dice che un grupopo di lavoro svizzero ha "curato" dei topi affetti dall'equivalente nei topi della XHED, chiamata Tabby.

Sto (lentamente) preparando un libro a proposito della ED, e cosi' ho voluto scoprire di piu' riguardo al team che ha portato avanti questo lavoro. Ho visitato Ginevra lo scorso autunno per incontrarmi con alcuni amici, per una breve vancanza con Jane (mia moglie) e per incontrare i dottori Olivier Galde e Pascal Schneider. Ho ricevuto un caldo benvenuto da questi due ricercatori. Sia Olivier che Pascal hanno avuto il loro bel daffare per spiegarmi il loro lavoro.

In breve, era gia' risaputo che la proteina EDA1, prodotta dal gene (EDA) del Tabby era necessaria fin dai primi stadi dello sviluppo per indurre la corretta formazione delle appendici ectodermiche quali i capelli, i denti, le ghiandole sudoripare e lacrimali. La terapia genica puo' essere usata nei topi per ottenere questo risultato. Ma Olivier e Pascal hanno pensato ad un approccio diverso. Invece di pensare alla sostituzione del gene, hanno dato ai topi un trattamento con una forma modificata della corrispondente molecola proteica, alterata in modo che potesse essere trasportata attraverso la placenta con lo stesso meccanismo usato da certi anticorpi materni per raggiungere il feto attraverso la placenta.
Questa modifica della proteina fornisce anche una grande capacita' dell'ectoderma di compensare l'assenza della proteina corretta.
I topi possono essere (piu' o meno) curati mediante due iniezioni alla madre con la proteina modificata. O mediante una sola iniezione al topo Tabby appena nato.

Queste indagini sono una prova significativa del fatto che la presenza della segnalazione embrionica necessaria al corretto sviluppo delle ghiandole sudoripare, dei denti eccetera è richiesta solo per un ristretto periodo di tempo, una "finestra" critica per lo sviluppo. Prima o dopo questa finestra, anche la presenza del gene corretto non è sufficiente. Questo va molto bene per i topi, ovviamente, ma e' molto difficile stabilire come effettuare questo intervento nel mondo reale delle famiglie umane affette da XHED. Ci sono due particolari difficolta' da considerare, importanti differenze fra topi e umani.

La prima e' che i topolini nascono ad uno stadio di sviluppo molto precoce rispetto agli esseri umani. La gestazione dei topi dura solo 20 gg, contro i 9 mesi degli umani. E alcune delle mutazioni caratteristiche dei topi Tabby sono corrette da un semplice trattamento prima della noascita, e per altre caratteristiche la "finestra" adatta dura per circa una settimana dopo la nascita. Anche cosi', e' chiaro che ogni possibile trattamento efficace negli umani dovrebbe probabilmente prevedere parecchi interventi, che andrebbero tutti amministrati durante la gestazione. Negli umani il corretto sviluppo dei capelli e delle ghiandole sudoripare richiederebbe la somministrazione della proteina adatta in parecchie occasioni, dalla settimana 14 fino forse alla settimana 20-22.

La seconda rilevante differenza fra umani e topi e' che, giustamente, ai ricercatori non e' permesso di iniettare potenti molecole in via di sviluppo alle donne gravide, tanto per vedere che succede. Ci sono griglie normative che limitano queste attivita'. Tutti ci ricordiamo del Talidomide. Qualsiasi progresso in questa direzione andra' prima verificato su differenti animali, non solo topi, includendo probabilmente cani, gatti, ed anche primati.

Se questo trattamento verra' applicato agli umani, sara' in una famiglia dove è presente ila mutazione del gene che causa la XHED, dove la donna accetta di sottoporsi a diagnosi prenatali a circa 11 settimane dal concepimento, per verificare se il feto è maschio e affetto da XHED. E che accetta, in questo caso, di sottoporsi, nei successivi 2 o 3 mesi, ad una o piu' iniezioni di una forma modificata del gene XHED, ectodisplasina A1, nella speranza che questo possa risolvere la XHED del bambino, senza provocare altri problemi. Io sono convinto che questo possa funzionare piuttosto bene. Ma non posso sapere se molte delle madri con rischio XHED accetteranno di sottoporsi a queste procedure. In piu', c'e' ancora molta strada da fare prima che chiunque possa pensare di tentare questi esperimenti sugli umani.

Ho un enorme rispetto per l'abilita' e l'entusiasmo di Olivier e Pascal, me essi stessi sono molto realisti e non si aspettano di applicare nell'immediato futuro i loro trattamenti sperimentali agli esseri umani.

L'articolo è stato prelevato dal numero 1 di Lines ED, gennaio 2005.
Lines ED è il periodico della Ectodermal Dysplasia Society inglese.